30 Dicembre 2022

Giuseppe Ottina, l’allenatore italiano del Casale che scoprì Pelé

L'esperienza in Brasile che gli cambiò la vita. Nel ricordo di O Rei

Il mondo del calcio piange la scomparsa di Edson Arantes do Nascimento, meglio noto come Pelé. Considerato il migliore giocatore della storia, al pari di Maradona, O Rei si è spento all’età di 82 anni.

Il manifesto del calcio brasiliano per eccellenza: grazie al suo inarrivabile talento ha cambiato la storia del Futbol mondiale. Ad oggi, è l’unico calciatore nella storia ad avere vinto tre Campionati del Mondo con la sua Seleção, nel periodo d’oro tra la fine degli anni ’50 e l’inizio degli anni ’70.

E se vi dicessimo che il giovane Pelé fu scoperto da un allenatore italiano? Proprio così: Giuseppe “Pinot” Ottina, ex allenatore del Santos e del Casale, fu il primo a credere nelle potenzialità di colui che, al termine della carriera, metterà a segno più di 750 reti in gare ufficiali.

Pelè
Pelé, ex attaccante della Seleção e Ministro dello sport brasiliano

La storia di un uomo che, dal Piemonte, decise di intraprendere un viaggio in Sud America: un’esperienza singolare e una testimonianza, la sua, che sarebbe poi entrata nella storia. L’inizio di tutto, la nascita di un mito diventato leggenda.

Da prigioniero durante la Seconda Guerra Mondiale alla passione per il calcio: la seconda vita di Giuseppe “Pinot” Ottina, lo scopritore di Pelé

“Pinot” nasce nel 1912 a Foglizzo, nel Canavese, un’antica regione italiana che, oggi, si estende nella zona compresa tra Piemonte e Valle d’Aosta. Nemmeno ventenne si arruolò nella Guardia di Finanza e venne spedito in Somalia, dove si era prodigato per la causa, fino alla Seconda Guerra Mondiale. Fu fatto prigioniero dagli inglesi e, proprio durante la detenzione forzata, si appassionò al calcio.

Una volta tornato in libertà, decise di ampliare le sue conoscenze calcistiche: prese il primo volo e partì per il Sud America.

Dopo un breve girovagare tra Perù, Bolivia e Cile, finalmente l’arrivo in Brasile che cambiò per sempre la sua vita.

Giuseppe Ottina, quel viaggio in Sud America che cambiò tutto: il primo incontro con Pelé…

I dirigenti del Santos, alla ricerca di un nuovo allenatore, decisero di puntare proprio su Giuseppe Ottina, associando la sua origine italiana ai successi prematuri della nostra Nazionale e quindi ricco di idee e di metodi innovativi per far emergere un club, all’epoca, emergente.

La società bianconera, dunque, affidò all'”insegnante” italiano (così lo chiamavano) il loro settore giovanile. Ebbe due intuizioni geniali: lanciò José Macia “Pepe”, vincitore di due Mondiali con la Seleção e autore di oltre 400 gol in carriera, e proprio Pelé.

Con quest’ultimo, il primo vero incontro fu durante una gara di pre-campionato: un giovanissimo Pelé stava ai lati del campo come raccattapalle e, nei momenti di pausa, incantava tutti con le sue movenze e doti balistiche incredibili. “Pinot” rimase ammaliato dall’allora 14enne e spinse la società ad ingaggiarlo per poterlo far entrare nel settore giovanile.

Pelé, ex attaccante del Santos (dal 1957 al 1974)

Giuseppe Ottina non riuscì mai ad allenarlo per davvero: infatti, a causa dei risultati negativi maturati durante il torneo “Rio-San Paolo”, la società brasiliana decise di esonerarlo. Luís Alonso Pérez fu il sostituito e a lui vennero riconosciuti i grandi meriti di aver lanciato, nell’olimpo del calcio, il grandioso Santos degli anni ’60. “Pinot”, invece, una volta tornato in patria, proseguì la sua carriera da allenatore sulle panchine di Novara e Casale, attualmente in Serie D.

…e il resto è storia nota

Pelé segnerà un’epoca e un’intera generazione di talenti: dalla tripletta mondiale al “drible da vaca”. Sono davvero tanti i momenti iconici che hanno segnato la carriera di un talento che, forse, non esisterà mai più nella storia del calcio.

Nel ricordo di Pelé, dalla ginga alla leggenda

Mai più nessuno come lui – C’è stato un prima e un dopo Pelé. O Rei ha cambiato per sempre uno stile di gioco, quello brasiliano, che ancora oggi è riconosciuto in tutto il mondo come unico e non replicabile. Il suo modo di esprimere calcio è ben racchiuso in un termine brasiliano, la ginga.

Pelé la descrisse come quel fattore decisivo per poter giocare a calcio, un atteggiamento in cui il valore prevale sulla tecnica. Questo nuovo modo di vedere il calcio diede dignità, valore e orgoglio al Brasile, ad un popolo che riuscì ad aggrapparsi alle gesta di un uomo, dentro e fuori dal campo, diventato leggenda.

Pelé in “Fuga per la vittoria”, film ispirato ad un vera partita di calcio disputata nel 1942

“L’ispirazione e l’amore hanno segnato il viaggio del re Pelé. Nel suo viaggio, Edson ha incantato tutti con il suo genio nello sport, ha fermato una guerra, ha svolto attività sociali in tutto il mondo e ha diffuso quella che più credeva essere la cura per tutti i nostri problemi: l’amore”. Così, l’ultimo ricordo sui social di un calciatore, di un simbolo, di un campione senza tempo. E con quel pizzico d’Italia, grazie a Ottina, che riecheggerà per sempre nei racconti della storia di uno dei più grandi di sempre, Pelé.

A cura di Lorenzo Bloise