27 Novembre 2021

Dagli inizi in Promozione al goal a San Siro, Caccetta: “Mi sento ancora un ragazzino”

Il centrocampista ex Trapani si racconta a 360 gradi: dal Foggia di Insigne al Licata Calcio, passando per il goal a San Siro

Umiltà, dedizione e cultura del lavoro, ma anche una forte personalità che gli ha permesso di arrivare in alto: è la descrizione riassuntiva di quello che è stato e che continua ad essere Cristian Caccetta, centrocampista e capitano del Licata Calcio, nel girone I.

Caccetta nasce a Partinico – un comune in provincia di Palermo – nel 1986 e già da ragazzino coltiva la sua passione per il calcio. La sua Sicilia però non gli offre mai una possibilità concreta per fare un salto nel calcio che conta, anzi. Capisce sin da subito che per arrivare ad alti livelli deve sudare, lottare e fare sacrifici perché nessuno regala mai qualcosa. Gira tante squadre giovanili della sua zona, ma per cominciare la sua ascesa verso il professionismo parte dal basso, da quelle categorie in cui ci si forma fisicamente, ma soprattutto a livello mentale. E alla fine ha avuto ragione, se consideriamo che le presenze in carriera tra i professionisti sono oltre 250.

“Il calciatore più forte con cui ho giocato? Insigne, per quello che è diventato. Ma ho giocato con altri grandi: Biagianti, Lodi e Terlizzi per citarne tre. L’avversario più forte? Ho giocato contro Vazquez e Dybala, ma scelgo Belotti. Era la nostra bestia nera: quando ci incontrava ci faceva goal. Albinoleffe o Palermo non faceva differenza”.

Gli inizi e il successivo arrivo tra i professionisti

“Non ho avuto la classica ascesa dei giovani di adesso. Nella mia zona c’erano tante squadre giovanili, ma nessuna offriva una vera possibilità. Così da ragazzino andai a Montelepre, in promozione, e feci due anni lì”. Nessuna Primavera di Serie A, B o C, ma solo campionati dilettantistici e formativi all’inizio della carriera: “dopo arrivai alla Nissa: quello fu il primo vero snodo della mia carriera. Lì ho allargato i miei orizzonti, scoprendo molte cose nuove e conoscendo il calcio a livello regionale” spiega Cristian Caccetta. “Dopo aver vinto il campionato di Eccellenza, il mio approccio in D – ma in generale di tutta la squadra – è stato ottimo. La base da cui ripartivamo era solida e soprattutto l’allenatore era Boscaglia, che era già pronto ad approdare in categorie più alte”.

Sì, Roberto Boscaglia. Uno dei primi allenatori di Cristian Caccetta, con cui poi ha raggiunto il punto più alto della sua carriera a Trapani. Prima però un’altra grande esperienza con uno che di calcio e di giovani se ne intende: Zdenek Zeman. Nel 2010/11 approda infatti al Foggia, in Serie C: era una squadra piena di giovani talentuosi – da Lorenzo Insigne a Marco Sau – e Caccetta fece quello che comunemente viene definito “salto più lungo della gamba”. “A Foggia il salto è stato più difficile. Mi sono ritrovato in una situazione che non conoscevo, con metodi di allenamento particolari. È stato un passo forse frettoloso e azzardato, ma la porto dentro come un’esperienza comunque positiva: mi son fatto le ossa pur giocando poco. Insigne? Si vedeva che era lì solo di passaggio”.

La firma con il Trapani e il goal all’Inter

“Certi amori non finiscono, fanno dei giri immensi e poi ritornano”, canta Antonello Venditi. E dopo averlo apprezzato alla Nissa, Caccetta ritrova Roberto Boscaglia al Trapani, dove firma nella stagione 2011/12. “Trapani è sicuramente una delle tappe più importanti della mia vita calcistica: abbiamo fatto due campionati di vertice e al terzo anno ho toccato il punto più alto della mia carriera. Giocare in Serie B con la fascia da capitano al braccio è un’emozione indescrivibile” afferma Caccetta.

Poi, nell’ultimo anno della sua avventura al Trapani, accade l’inspiegabile. Dopo aver battuto Albinoleffe e Padova in Coppa Italia, il sorteggio mette la squadra di Boscaglia di fronte all’Inter di Walter Mazzarri. Giocare a San Siro è il sogno di qualunque ragazzino ed è già un momento indimenticabile, ma addirittura segnare una rete contro l’Inter… Beh, quello forse Cristian Caccetta non poteva mai immaginare che diventasse realtà: “Mi sono lasciato guidare dall’istinto, mi sono inserito e ho fatto goal: la cosa più bella è stata alzare lo sguardo in tribuna e vedere la mia famiglia e mia moglie esultare e gioire. Quel momento è stato davvero un sogno” racconta Caccetta. “Nel primo tempo abbiamo pagato l’emozione: l’Inter ci fece 3 goal in 40 minuti, ma poi cominciammo a giocare liberi e trovammo due goal. Mi porto dietro l’espressione impaurita di Mazzarri dopo il 3-2: si vedeva che temeva il peggio”.

Il trasferimento al Cosenza e gli ultimi (non positivi) anni in C

Al Trapani si procura la rottura del collaterale del ginocchio destro che ne frena l’ascesa: “il mio rammarico è essermi infortunato a Trapani, perché mi ha tolto tanto, essendo arrivato nella fase clou della mia vita calcistica. Senza quello non so dove sarei potuto arrivare, ma accetto quello che ho avuto: sono eventi che fanno parte del percorso”. Poi però arriva l’opportunità Cosenza e qui vive altri 3 anni al top della sua carriera. “A Cosenza sono stati 3 anni positivi: dopo la sfortuna dell’intervento hanno creduto in me. All’inizio non è stato facile: era una squadra neopromossa, ma con il nuovo mister si aprì un ciclo. Vincemmo la Coppa Italia di categoria – prima squadra calabrese a farlo – e nell’ultimo anno uscimmo ai quarti di finale ai playoff. È un’avventura che porterò sempre nel cuore”.

Trascorsi 3 anni in Calabria, torna nella sua Sicilia, a Catania in Serie C. Qui l’avventura sembrava promettente, ma in seguito non tutto andò come ci si aspettava. “A Catania investii tutto me stesso: all’inizio le cose andarono bene, ma a gennaio si ruppe qualcosa e andai via come il centrocampista con più presenze in stagione”. Da lì altre avventure con 4 squadre diverse: qualche mese a Pordenone – dove Caccetta afferma “andai controvoglia e infatti andò male” – poi Sambenedettese con Roselli (suo ex allenatore al Cosenza) e per finire Paganese e Lucchese negli ultimi due anni. “Alla Paganese fu il primo periodo del Covid e si giocò poco o nulla, mentre alla Lucchese alcune situazioni personali non felici e un altro infortunio al collaterale non mi permisero di acquisire continuità”.

Il presente a Licata…

Dopo 11 anni a navigare tra i professionisti, Caccetta è tornato in Serie D in questa stagione con la maglia del Licata, nonostante non fosse un evento preventivato. “Il mio obiettivo con tutta onestà era ancora rimanere nel professionismo. A Licata comunque al momento sono felice: è una scelta che sta pagando” afferma Caccetta, che poi prosegue “il fatto che i giovani mi seguano non è un peso per me, anzi: ho trovato a Licata tanti ragazzi umili e forti, che seguono i grandi, me compreso. Cerco di dare loro ciò che io ho appreso in passato e devo dire che tutti mi ascoltano: ne vado fiero”.

Fonte foto: profilo ufficiale Facebook Licata Calcio

Il Licata è una squadra molto giovane, che attualmente vive un ottimo momento, ma Caccetta – da buon capitano – frena gli entusiasmi: “il nostro obiettivo rimane comunque la salvezza. Ora sta però venendo fuori la vera identità che il nostro allenatore – Pippo Romano – ci sta dando: andare ovunque per vincere ed essere ovunque padroni del campo”.

… E il suo futuro

Guai a parlargli di futuro. Non sa ancora dare una risposta su cosa farà quando smetterà di giocare a calcio, perché quel momento lo vede ancora lontano. “Voglio ancora giocare per un po’, capire come sto mentalmente e fisicamente per capire cosa posso ancora fare: vedo il mio ritiro ancora un po’ lontano, perché mentalmente mi sento ancora un ragazzino” dice Caccetta. “Divertirmi nello spogliatoio con i più piccoli mi fa piacere e fin quando sento il magone nello stomaco è giusto continuare a giocare”.

E Cristian Caccetta si diverte davvero con i suoi compagni, che sapranno sicuramente apprendere quanto di buono lui ha dimostrato in carriera: umiltà, sacrificio e dedizione, oltre ad una spiccata intelligenza tattica. Tutte caratteristiche indispensabili per chi come Caccetta a 18 anni calcava i campi sterrati della Promozione siciliana, ma con un sogno (realizzato) nel cuore: giocare e segnare una rete a San Siro.

A cura di Domenico Cannizzaro