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L’Uruguay, il Messico e una vita da “Diablo”. Granoche: “Ecco perché mi chiamano così. Maran mi ha aiutato a diventare un attaccante completo”

La nostra intervista esclusiva a Pablo Granoche, allenatore dell’Oltrepo’ con un passato con le maglie di Chievo e Modena.

Montevideo, la terra del talento. Lì dove sono nati e continueranno a nascere tante giovani promesse destinante ad imporsi nel calcio dei grandi. Proprio nella capitale uruguaiana, nel lontano 1983, nasce Pablo Granoche, El Diablo. Ma perché questo soprannome? Come ha raccontato in esclusiva a seried24.com, l’attaccante ha rivelato che tutto è nato in Messico: “Nel 2005 sono andato a giocare due anni in Messico, uno nel Toluca e l’altro nel Veracruz. I calciatori del Toluca erano soprannominati i diavoli rossi perché vestivano di rosso e quando arrivai alla Triestina, un giornalista disse che era arrivato uno dei diavoli rossi di Toluca. Da lì hanno iniziato a chiamarmi El Diablo che è poi rimasto per tutto il resto della mia carriera”.

Con un pallone tra i piedi, un pantaloncino, e magari delle ciabatte. Granoche era destinato a fare grandi cose: “Amavo il calcio già da bambino come buona parte degli uruguaiani che lo vivono un po’ come nel Sud Italia. Già da ragazzino facevo l’attaccante, poi da gioco è diventata la mia professione. Appena ho iniziato a fare sul serio avevo già capito che la mia carriera sarebbe stata all’interno del calcio. Sono cresciuto in un’epoca dove c’erano dei grandi attaccanti. Quello che mi piaceva di più e alla quale mi ispiravo era Batistuta, ma in quel periodo c’erano campioni pazzeschi come Crespo, Trezeguet, Inzaghi, Van Nistelrooy e Ronaldo“.

Con 98 reti realizzate, Granoche è il miglior marcatore straniero nella storia della Serie B. Di testa, di sinistro, di tacco. El Diablo ne ha combinate tante: “Il gol più bello che ho realizzato non è stato in Serie B, bensì in Coppa Italia col Novara. In quella mia piccola parentesi feci un gol in rovesciata a Catania nonostante la sconfitta per 3-2. L’aspetto per diventare un grande attaccante è la regolarità con il gol. È una figura che si sta evolvendo perché ormai si tende a giocare con due seconde punte. Gli attaccanti con le caratteristiche simili a quelle di Lautaro Martinez sono quelle che vanno più di moda”.

Nell’estate del 2007 arriva la svolta. Squilla il telefono, c’è la Triestina che decide di scommettere su di lui. Non è stato facile l’impatto col nostro calcio, ma per Granoche è stata decisiva la figura di Rolando Maran: “Ci ho messo un po’ ad adattarmi al calcio italiano, ma mi ha dato una grossa mano anche Rolando Maran che all’epoca allenava la Triestina. L’attaccante in Italia non aveva soltanto il compito di fare gol, ma anche giocare di più con la squadra. Arrivavo dal calcio sudamericano dove dovevo pensare solamente a quello che succedeva in area di rigore, invece grazie a Maran ho capito quanto fosse importante lavorare con la squadra anche in fase di non possesso. Il calcio italiano mi ha aiutato a diventare più completo come calciatore”.

Granoche-Chievo, un binomio vincente

Una delle tappe più importanti di Granoche è stata sicuramente quella col Chievo: “I ricordi più belli della mia carriera ce li ho col Chievo perché con quel club ho assaporato l’emozione della Serie A. L’esordio, il primo gol, giocare in stadi come San Siro e l’Olimpico e conquistare due salvezze consecutive.

Sono stati due anni meravigliosi dove ho potuto giocare contro e con dei grandi giocatori. Durante il periodo col Chievo mi sentivo nel punto più alto della mia carriera. Ho fatto pochi gol, ma ero al top della forma ed è stato un bellissimo periodo che ha portato anche alla convocazione in nazionale nel 2005. Forse l’unico rimpianto è stato quello di non aver mai giocato per una grande squadra del calcio uruguaiano, oppure di fare qualche presenza in più in nazionale. Nel periodo dov’ero al Chievo mi sarei aspettato una chance in più“.

“A Modena ho ritrovato quel Granoche che segnava con continuità”

Un’altra parentesi importante nella carriera di Granoche è stata sicuramente quella col Modena: “Venivo da un periodo dove col Cesena non riuscivo a segnare con continuità. Arrivai a Modena nell’ultimo giorno di mercato perché Walter Novellino mi voleva fortemente.

Ho trovato una piazza bella che mi è rimasta nel cuore. In quella stagione siamo arrivati addirittura in semifinale play-off. La parentesi Modena mi ha fatto ritrovare quel Granoche che trovava la rete con continuità“.

L’esperienza col Vigasio e il tormento degli infortuni

L’ultima avventura di Granoche è stata col Vigasio, all’epoca in Serie D: “Avevo chiuso col professionismo, ero tornato a casa a Verona dopo tanti anni in giro, ma avevo ricevuto la chiamata del Vigasio. Pensavo di smettere col calcio, però quell’interesse mi ha fatto tornare l’entusiasmo.

Dopo 4 mesi mi sono fatto di nuovo male al ginocchio che avevo operato tanti anni fa e di conseguenza ho deciso di ritirarmi perché non aveva più senso fare un altro intervento a 39 anni. Se non avessi subito l’ennesimo infortunio, molto probabilmente avrei giocato per altri due anni, ma alla fine smettere è stata la decisione giusta”.

L’opportunità Oltrepo’

Dopo un percorso da vice allenatore ai tempi del Chievo, per Granoche si è aperta l’opportunità di guidare l’Oltrepo’: “Mi chiamò Nicola Raso chiedendomi se fossi pronto a guidare l’Oltrepo’ perché aveva appena esonerato Maurizio Parolini. Io accettai, ero senza squadra e avevo da poco terminato la mia avventura col Chievo da vice allenatore. Ho ricevuto la fiducia anche del presidente e ho deciso di guidare questa squadra perché mi piaceva la politica della società. Ad oggi, siamo la squadra più giovane della Serie D. Un posto ideale dove si può fare calcio con delle idee.

Il nostro obiettivo è quello di valorizzare i giovani e mantenere la categoria. In questo girone non è facile perché ci sono delle corazzate, però ho trovato un gruppo di ragazzi con tanta voglia di crescere. Favoriti per la vittoria? Se la giocano Folgore e Chievo perché hanno gli organici più completi, ma occhio anche a Casatese e Caldiero. Queste sono categorie molto difficili da affrontare ma dove nascono, sia in Uruguay che in Italia, i talenti. Il calcio dilettantistico è sempre difficile a prescindere dal posto in cui ci si trova, però se hai abilità riesci a scovare dei giovani molto promettenti”.

Published by
Gerardo Guariglia