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Karel Zeman: “Ho bisogno del calcio, ma anche il calcio ha bisogno di gente come me”

Karel Zeman, allenatore del Lavello

Dopo una breve parentesi al Paternò, conclusa ancor prima di iniziare ufficialmente, Karel Zeman, figlio di Zdeněk, racconta il suo percorso, la sua filosofia e la difficoltà di farsi strada senza scorciatoie.

A pochi giorni dall’annuncio del suo approdo al Paternò, la storia tra Karel Zeman e il club siciliano è già giunta al capolinea. Karel Zeman, figlio del celebre Zdeněk, ha spiegato via social di non aver voluto formalizzare l’accordo per divergenze legate a “responsabilità altrui”. Una decisione netta, che ha sorpreso tifosi e addetti ai lavori, alimentando curiosità sul suo futuro. A tal proposito, l’allenatore si è confrontato con SerieD24, spiegando al meglio cosa è successo a Paternò, ma anche quale sia la sua visione del calcio e dove lo porteranno le prossime sfide.

Karel si racconta senza filtri, partendo proprio dalle condizioni di salute del padre: “Dopo alcuni episodi ischemici e un ictus lo scorso anno, sta affrontando una riabilitazione impegnativa. La strada non è semplice, ma passo dopo passo cerca sempre di fare piccoli miglioramenti“.

Sul proprio percorso in panchina, Zeman è diretto: “Io e mio padre non abbiamo mai lavorato insieme, a differenza di tanti figli d’arte che entrano nello staff del genitore e poi trovano facilmente una panchina. Ho sempre voluto fare strada da solo, e questo per scelta mia e di mio padre. Ma nel calcio, oltre al merito, serve anche un po’ di aiuto: noi non lo abbiamo mai cercato e, a volte, ho avuto la sensazione di subire svantaggi per essere “il figlio di…”.”

Zeman Jr continua in questo modo: “Così, per vent’anni, mi sono ritrovato spesso in situazioni difficili. All’inizio serviva esperienza, ma oggi, dopo oltre 200 panchine in Serie D, e 50 in Serie C mi pesa lavorare in contesti disorganizzati, dove non sai nemmeno a chi rivolgerti per risolvere un problema.”

Karel Zeman: “Per me e la mia famiglia l’onestà viene prima di tutto”

La direzione da prendere, oggi, è chiara: “Ho 48 anni e non voglio “perdere” altri vent’anni per arrivare in Serie A a 68. Ci sono società che ti mettono nelle condizioni di fare bene, e lì che l’allenatore può esprimere tutto il suo valore. Ma se mancano organizzazione e professionalità, il lavoro diventa impossibile.”

Non è solo questione di ambizione, ma anche di principi: “Me lo sento dire spesso da colleghi e calciatori: porto una professionalità diversa. Per me e la mia famiglia l’onestà viene prima di tutto. Non faccio favori a procuratori, non partecipo a giochi di potere: penso solo al lavoro e a fare calcio bello. Purtroppo oggi questo è meno frequente di quanto dovrebbe.”

Guardando al passato, il ricordo più positivo è legato alla Serie C: “Lì c’è una mentalità più professionistica. Tra tutte, la Reggina è stata l’esperienza più completa: un anno intero, davanti anche a 10.000 spettatori, con il tempo necessario per mettere in pratica le mie idee.”

Karel Zeman interna

Zeman Jr: “Futuro? Nessun contatto, io dico sempre che non mi chiama nemmeno mia madre”

Sul futuro, Karel Zeman non nasconde un po’ di ironia: “No, non ho contatti in corso. Raramente vengo chiamato dalle società. Leggo di colleghi che parlano di cinque, sei offerte… io dico sempre che non mi chiama nemmeno mia madre.”

Il legame con la filosofia calcistica di Zdeněk è saldo, ma non privo di evoluzioni: Sono cresciuto con lui e credo di essere l’unico a conoscerlo così bene. Nei concetti lo sposo al 100%, ma ho sviluppato una mia metodologia per arrivare agli stessi obiettivi. Mi piace studiare e creare nuove esercitazioni: è il mio modo di innovare senza tradire le idee di base. A differenza sua, mi sento più risultatista”.

Alla fine, tra battute e riflessioni, resta un ritratto sincero di un allenatore che non ha paura di nuotare controcorrente: Credo che la gente non sappia molto di me… altrimenti il telefono squillerebbe di più.”