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Dall’America alla Calabria, il viaggio di John Carrozza: “Attendo l’occasione giusta”

L’ex Direttore Generale del Locri, John Carrozza, si racconta ai nostri microfoni.

Passione, voglia di scoprire e soprattutto tanto amore per il calcio. È questa la storia di John Carrozza, direttore sportivo attualmente svincolato, ma con tanta voglia di tornare in pista e misurarsi con progetti importanti. Carrozza ha già vissuto esperienze significative in Serie D, con Pompei e Locri, ma la sua formazione è passata soprattutto dalla Nazionale.

Io mi sono formato per step. Mi è sempre piaciuto andare a vedere i calciatori, cercarli, scoprirli. Tutto è cominciato quando allenavo: ho iniziato proprio dalle categorie minori, ma mi interessava anche tutta la parte organizzativa, quella legata ai trasferimenti. Allenando, ho deciso poi di frequentare il corso di allenatore professionista a Coverciano e da lì è cambiato tutto, perché ho iniziato a lavorare con la Nazionale. Sono stato messo sotto contratto e sono diventato il referente per la Calabria, in un periodo in cui la Reggina era tra i professionisti. Il mio compito era quello di andare a vedere i calciatori: ho iniziato seguendo l’Under 18 fino all’Under 15, poi pian piano ci hanno affidato anche le osservazioni per l’Under 21. Posso dire che la mia vera passione per la ricerca dei calciatori è nata in quei tre anni e mezzo in cui ho lavorato come osservatore delle Nazionali.

Ma nella vita arriva sempre il momento di fare delle scelte, e John Carrozza ha deciso di intraprendere la sua strada: quella da direttore sportivo. La Nazionale è stata per lui un trampolino di lancio, una scuola di formazione e conoscenza.

Da lì ho scelto di intraprendere la carriera da direttore sportivo, perché guardando le gare e analizzando i singoli giocatori ho capito che quello era il mio percorso. Mi sono abilitato sempre a Coverciano e ho iniziato a lavorare prima con una società in Sicilia e poi con il Pompei e il Locri. La mia esperienza nella conoscenza dei calciatori nasce proprio dalla Nazionale: lì non si osservano solo i professionisti, ma bisogna ampliare lo sguardo, conoscere tanto. Oggi conosco moltissimi profili, senza avere la presunzione di conoscerli tutti, ma direi la stragrande maggioranza. Mi piace molto l’aspetto organizzativo: andare a vedere i calciatori di persona, parlare con loro, valutarli.”

Carrozza, dall’America all’Italia sempre con il calcio nel cuore

Tutti hanno una storia alle spalle, ma non tutti hanno avuto la fortuna di confrontarsi con culture e Paesi diversi. A livello personale e professionale, questo è stato un privilegio per John Carrozza, nato da genitori reggini ma cresciuto negli Stati Uniti, a Toms River, dove ha anche vissuto importanti esperienze calcistiche.

Sono nato lì e ho vissuto fino ai quattro anni a Toms River, nel New Jersey, a circa due ore da New York. Poi sono tornato in Italia nel 1994, quando avevo vent’anni. Dopo pochi mesi dal mio ritorno negli Stati Uniti, ho fatto parte dell’organigramma di una società di calcio nel New Jersey che, in poco tempo, ha vinto il titolo di campione della contea e si è classificata seconda a livello statale. Oggi quella società purtroppo non esiste più, ed è un peccato, perché aveva un bel progetto e tanto entusiasmo. Il calcio negli Stati Uniti sta crescendo molto e negli ultimi anni ho avuto anche qualche contatto con due società della Major League Soccer. Era successo un paio d’anni fa, quando ero in Nazionale: c’era la possibilità concreta di un contratto, ma accettare avrebbe significato stravolgere tutto, e ho dovuto declinare, anche se a malincuore.”

John Carrozza: “Ho avuto richieste dalla C, mi manca il campo”

Dopo l’esperienza vissuta come direttore generale a Locri, Carrozza è rimasto senza squadra, ma per lui le richieste non sono mancate. “Avevo un progetto con una società di Serie C del nord Italia, anche già definito a livello economico. Un progetto interessante, che puntava a valorizzare i ragazzi della Primavera 3 e alcuni dell’Under 17. A me piace costruire squadre con un mix tra esperienza e gioventù, cercando quei giovani che possono davvero dare una mano. È questo il tipo di squadra che mi piace formare: una società che punti sì al risultato, ma anche alla valorizzazione dei talenti e del proprio settore giovanile. Dopo l’esperienza di Locri mi sono fermato, soprattutto perché in questo momento preferirei lavorare più vicino a casa per motivi familiari. Ciò non toglie che, se dovessero arrivare occasioni importanti, le valuterei, soprattutto nell’area tra Campania, Sicilia e Calabria.

Il richiamo del campo, però, per chi vive di calcio, resta sempre forte. “Mi manca molto il campo. Perché per me questo è un lavoro che nasce dalla passione. Mi piace trattare, conoscere, parlare con gli agenti, andare a vedere partite anche di altre squadre. Mi piace girare, osservare, confrontarmi. È così che intendo il mio modo di lavorare. E penso che nel calcio, senza passione, non si vada da nessuna parte: è quella che ti fa conciliare divertimento, impegno e risultati. Non ci si può improvvisare direttori sportivi. È un ruolo complesso, che richiede competenze vere e tanta esperienza. Il direttore sportivo, infatti, è un mix tra un grande osservatore di calciatori — capace di analizzarli singolarmente durante la gara — e un allenatore, in grado di valutarli anche all’interno del collettivo.”