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Di Michele: “Mi ispiro a Spalletti”. Settori giovanili? “Bisogna pensare ad insegnare il calcio ai ragazzi, non ai risultati”

Credits: Luciano Basile

L’intervista di SerieD24.com a David Di Michele, ex centravanti della Serie A e della Nazionale, nonché attuale allenatore dell’Ugento.

Quasi 700 presenze accumulate in carriera, vestendo le maglie di Udinese, Reggina, Salernitana, Lecce e West Ham, tra le altre. 195 gol segnati, conditi da 63 assist. L’emozione nel calcare il palcoscenico della Champions League, l’orgoglio nell’indossare la maglia azzurra della Nazionale. Dopo una vita passata a correre dietro al pallone, in seguito al suo ritiro nel 2015, David Di Michele ha scelto di rinnovare il suo legame con il calcio, intraprendendo la carriera da allenatore.

Gli esordi in panchina alla guida della Lupa Roma in Serie C, poi le esperienze nei settori giovanili di Frosinone ed Ascoli, passando per la Turris. Infine, poco più di un mese fa, il ritorno in una delle sue “terre adottive”. Tredici anni dopo il suo addio al Lecce, “Re David” è tornato in Salento, per sedersi sulla panchina di un’altra squadra giallorossa: l’Ugento, impegnato nel prossimo campionato di Eccellenza pugliese.

La nostra chiacchierata con Di Michele inizia proprio chiedendogli le sue aspettative in merito a questa nuova avventura. “L’ eccellenza è un campionato difficile. Essendo un girone unico ci sono tante squadre che puntano a vincere, e che per farlo si rafforzano notevolmente. Mi aspetto tanto dai ragazzi e da me stesso perché mi sento il loro capitano, quello che deve dargli un’identità, un’idea di gioco e cercare di aiutarli quando andranno in difficoltà. Sicuramente ci saranno dei momenti un po’ negativi ma dovremo essere bravi a ricompattarci e riprendere a lavorare mantenendo alto l’entusiasmo.”

Conosciamo il Di Michele giocatore, quello che nel 1997 – a soli 21 anni – quasi eliminava l’Inter di Ronaldo il Fenomeno dalla Coppa Italia, segnando a San Siro con la maglia del Foggia. Ma l’allenatore in cosa crede? Qual è la sua visione del calcio, e come gioca una sua squadra? “A me piace insegnare e allo stesso tempo far divertire i giocatori. Prediligo un gioco corale, di squadra, offensivo, senza mai tralasciare la fase difensiva. Il calcio si è evoluto: prima si giocava di meno, oggi si gioca più dal basso. Ma non bisogna fossilizzarcisi, perché così tralasciamo che con un gioco diverso, più verticale e di contropiede, abbiamo raccolto buoni risultati a livello internazionale.

È giusto insegnare a giocare dal basso, ma bisogna anche essere consapevoli che arriveranno dei momenti di appannamento in cui la palla può anche essere calciata via. Ti faccio un esempio: l’Inter contro il PSG ha continuato a giocare dal basso, quando poteva invece smorzarne la pressione con delle palle lunghe. È un esempio stupido, ma pratico. Secondo me è importante avere una visione flessibile, e non integralista.”

Credits: Luciano Basile

Di Michele: “Zeman un precursore, Spalletti ha idee incredibili”

Nel corso della sua carriera da giocatore, Di Michele è stato allenato da tanti grandi esponenti della scuola italiana. Due su tutti però, a detta dell’ex attaccante, lo hanno ispirato profondamente, fino ad influenzarne le idee: “Mi ispiro a Zeman e Spalletti. Spalletti è l’allenatore più importante che io abbia mai avuto, si a livello umano che dal punto di vista professionale. Ha delle idee incredibili, fa giocare le sue squadre in maniera importante a prescindere dal modulo che utilizza. Ha portato la Roma ad altissimi livelli, ha vinto con il Napoli, con lo Zenit. Tanti allenatori hanno preso spunto da lui, ed io sono uno di questi.”

Su Zeman: “Se noi oggi vediamo, la maggior parte delle squadre giocano con il 4-3-3, Zeman lo utilizzava già 20 anni fa. Tanti addetti ai lavori all’epoca lo criticavano perché faceva un calcio troppo offensivo, invece oggi parliamo di lui come l’inizio di un’era.”

In quanto ex attaccante prolifico, abile nel trovare la rete in ogni modo, abbiamo chiesto a “Re David” come intende trasmettere la sua esperienza per aiutare i suoi attaccanti a migliorare. “Si cerca di migliorarne le competenze, osservando il bagaglio personale che già possiedono, per poi andare ad aumentarlo in base al mio vissuto, alla mia esperienza da attaccante. È chiaro che oggi è un calcio diverso rispetto al nostro. Ti faccio un esempio: c’è chi gioca con il 4-3-3 con gli esterni larghi, che non vengono mai dentro al campo. A me invece piace che sappiano fare entrambe le cose, perché altrimenti diventi prevedibile. Per giocare con questi moduli gli attaccanti devono essere molto imprevedibili, devono saper fare tante cose, il difensore che lo copre va in difficoltà se non sa mai cosa aspettarsi.

Di Michele: “Oggi l’allenatore deve essere più un gestore”

Nonostante la giovane età, da allenatore Di Michele si è già misurato in diverse categorie. L’ex attaccante dell’Udinese ci ha raccontato cosa significa guidare una squadra nel 2025 e come, nel tempo, si sia evoluto il ruolo dell’allenatore. “Inizialmente un allenatore deve far capire le proprie idee. Se poi, col tempo, ti rendi conto che la squadra non riesce ad assimilarle, ti devi adattare. L’allenatore è importante, ma non è fondamentale. I giocatori sono quelli che vanno in campo, bisogna essere bravi ad entrare nelle loro teste e non il contrario. Questo non significa che debbano decidere i giocatori, deve essere un aiuto reciproco. Il calcio è cambiato. Un tempo, quando giocavo io, ciò che diceva l’allenatore era legge. Oggi invece l’allenatore deve essere un po’ più gestore e capire le esigenze dei propri giocatori.”

Riprendendo il tema dell’evoluzione del calcio, l’attuale allenatore dell’Ugento riflette anche su come sia cambiata, nel tempo, la figura del calciatore. “C’è un cambiamento di mentalità, quello sicuramente. Quando giocavo io c’era tanto sacrificio, tanto lavoro. Per potere giocare all’epoca dovevi essere sotto le grazie di qualcuno, dovevi essere fortissimo perché c’era molta più qualità. I giovani di oggi non è che non hanno la passione o l’entusiasmo, ma c’è meno propensione al sacrifico. Vogliono tutto servito su un piatto d’argento, non vogliono fare sacrifici durante la settimana ma pretendono di giocare la domenica.

Credits: Luciano Basile

Di Michele: “Chi allena i settori giovanili pensa solo al risultato”

Uno dei passaggi più significativi della nostra conversazione con David Di Michele tocca un tema particolarmente delicato e di stretta attualità: quello dei settori giovanili, finiti spesso sotto accusa dopo i recenti fallimenti della Nazionale italiana. In molti, alla ricerca di un capro espiatorio, hanno puntato il dito contro gli allenatori delle giovanili, colpevoli di trascurare la crescita tecnica e formativa dei ragazzi, privilegiando invece il risultato. Una lettura che “Re David” condivide.

Per me un allenatore da settore giovanile deve essere solo da settore giovanile, perché si deve pensare ad insegnare il calcio ai ragazzi, non si può pensare ai risultati personali ed alle vittorie. Quando si fa il settore giovanile l’obiettivo deve essere quello di innalzare il livello dei ragazzi, invece si pensa a far giocare i ragazzi alti, strutturati, per vincere il campionato e mettersi in evidenza. Ma cosa hai insegnato ai ragazzi? A dare la palla lunga a quello alto.

Secondo me deve essere la Federazione a vigilare meglio, a fare un po’ più di attenzione a queste situazioni. Ad esempio: nei campionati Under Élite ci sono le retrocessioni, quindi a 14 anni metti già i ragazzi davanti al peso del fallimento. A quell’età i ragazzi devono pensare a divertirsi, devono avere degli allenatori che gli mostrino anche un gesto tecnico: sono spugne, immagazzinano tutto quello che gli mostri. Secondo me hanno bisogno di persone giuste, che non abbiano l’intento di mettersi in evidenza per far partire il loro percorso professionale, ma che gli diano anche insegnamenti tecnici oltre che tattici. Quindi sì, c’è un sottofondo di verità, sono anni che io ed alcuni colleghi manifestiamo queste problematiche.