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Milazzo, MIleto: “Contro la Reggina partita speciale. Lavoro per arrivare in alto”

Credits: Milazzo

La nostra intervista a Giovanni Mileto, portiere del Milazzo, che ci ha raccontato di sé e del suo ottimo momento di forma

Dalla passione per i tuffi fin da bambino ai voli sui campi di Serie D, passando per un periodo buio, superato con quel pizzico di sana follia che lo contraddistingue: in queste poche parole si può racchiudere la personalità di Giovanni Mileto, portiere classe 2005 del Milazzo, che si è raccontato ai nostri microfoni.

Il Milazzo di Mileto, da neopromossa, sta vivendo una stagione al di sopra delle aspettative: i mamertini sono terzi insieme alla Nissa nel girone I, a soli tre punti dalla capolista Igea Virtus. Il numero uno rossoblù ha parlato così di quanto fatto finora: “Noi sicuramente stiamo andando meglio di quanto tutti potessero mai pensare: a inizio anno si diceva che avremmo dovuto lottare nella parte bassa della classifica, invece abbiamo risposto e stiamo facendo qualcosa di importante anche grazie allo staff e ai tifosi. Come dico sempre bisogna darsi tanti obiettivi durante la stagione: il nostro è la salvezza e lotteremo per quello, poi, in corso d’opera, senza montarci la testa, vedremo se riusciremo a giocare per qualcosa di più importante.

Il portiere calabrese, sopra tutti gli altri nel girone per numero di clean sheets, ha analizzato il suo momento personale e ha raccontato i motivi della sua scelta di trasferirsi a Milazzo: “Sono contento di come sta andando questo campionato a livello personale: per me è importante perché sono al mio ultimo anno da under e sto cercando di sfruttarlo nel miglior modo possibile. Sapevo che Milazzo era una piazza seguita e ho deciso di sposare questo progetto anche perché qui c’erano il mister Catalano e il DS Strianese, che già mi conoscevano dopo l’esperienza a Paternò dello scorso anno.

Credits: Milazzo

Mileto: “Contro la Reggina cerco riscatto”

L’ex estremo difensore ex Paternò gioca in Serie D da solo un anno e mezzo, ma ha già avuto delle esperienze impresse nella propria mente: “Tra la passata stagione e questa ci sono state delle trasferte in dei campi spettacolari e con un gran pubblico: Scafati, Caltanissetta, Lamezia, ma soprattutto Savoia. Questi ultimi mi piacciono molto e sono tra i pochi che ci hanno messo in difficoltà, nonostante abbiamo fatto la nostra partita, con una sconfitta che è arrivata per errori individuali. Penso che grazie alle loro qualità tecniche e alla spinta dei loro tifosi abbiano una marcia in più rispetto alle altre.

Questa domenica, però, per Mileto, cresciuto nel settore giovanile della Reggina, è in arrivo un appuntamento speciale, allo stadio “Granillo”, dove la partita del numero uno rossoblù sarà accompagnata da un sentimento particolare: “Da piccolo ho fatto cinque anni nel settore giovanile della Reggina, tra alti e soprattutto bassi, dunque non vedo l’ora di giocare. Aspetto da due anni di scendere in campo al “Granillo”, uno stadio incredibile, con quel clima, sarà un’emozione difficile da spiegare. Quello che mi darà la carica durante il prepartita sarà la parola “riscatto”, perché ho pensato di smettere una volta andato via da lì, quindi ho sempre avuto il desiderio di andare a Reggio e dimostrare che io non ero ciò che dicevano loro.

Credits: Milazzo

Il pensiero di smettere, i sei mesi senza squadra e la rinascita

Mileto ora gioca per una delle piazze più importanti del girone I, ma arrivare fin qui non è stato per nulla facile: Ho avuto un brutto periodo quando ho lasciato la Reggina: alla mia prima esperienza in Eccellenza ero poco considerato, sia dal mister sia dal gruppo. Non era facile perché viaggiavo sul treno per quasi due ore dopo la scuola e durante il tragitto dovevo anche studiare, così ho lasciato la squadra a gennaio ma sono rimasto senza giocare per tutto il resto della stagione.

Quel momento ha rappresentato incredibilmente la svolta: “È stato proprio in questo periodo che, però, sono cresciuto. Credo che in pochi avrebbero fatto quello che ho fatto io: allenarsi dalle 14:30 alle 19:00 con tre categorie diverse per coltivare questo sogno, continuando a metterci il 200% dentro e fuori dal campo, uscendo poco, facendo una dieta sana, non bevendo, non fumando. Poi ho avuto la possibilità di riprovarci in Eccellenza con il Bocale, nonostante il portiere titolare fosse Pietro Marino, ex Reggina con presenze anche in Serie A e B. Una scelta dettata da un pizzico di follia, ma le prime due partite sarei stato titolare per la sua squalifica: lì mi giocavo tutto, sono andato entrambe le volte in top 11 e lì è stato l’inizio della mia rinascita.

Durante la stagione al Bocale, il numero uno rossoblù ha vissuto un’altra esperienza significativa: La Rappresentativa è stata un percorso bellissimo, anche perché la Calabria non era considerata una buona squadra e, invece, abbiamo sorpreso tutti, arrivando secondi. Per la prima volta mi sono sentito come se fossi professionista: l’ambiente era molto serio e, inoltre, è stato un viaggio che ha acceso riflettori su di me perché tutto il torneo è andato molto bene.

Credits: Marcello Giugno

I primi tuffi, gli idoli e gli obiettivi per il futuro

L’estremo difensore del Milazzo ha mosso i suoi primi passi sui campi di Reggio Calabria in un altro ruolo, ma, già da piccolo, era consapevole che sarebbe diventato un eroe coi guanti: “Per me è stato un processo evolutivo perché io ho iniziato da trequartista, poi, visto l’asma, il mister mi ha messo in porta. Mi aveva sempre affascinato il buttarsi a terra, era una mia strana passione fin da piccolo. La sensazione di fare gol è bellissima, ma quella di parare è inspiegabile: ti senti l’ultima risorsa della tua squadra e togli i sogni alle persone. Per fare il portiere devi essere pazzo, lo devi avere dentro.

La sua crescita in questo ruolo è passata anche dallo studio del suo idolo prima e di vari numeri uno poi: Da piccolo, essendo juventino, il mio idolo era Buffon, ma, crescendo, mi sono tolto un po’ di idoli e ho iniziato ad avere modelli di riferimento da cui prendere qualcosa, vedendo loro video e assumendone qualche caratteristica: il tuffo di Courtois, la spaccata di Ter Stegen, il gioco con i piedi di Ederson, il carattere di Pickford. Se proprio devo dirne uno che mi ha ispirato di più tra questi, è Ter Stegen. Io mi sento un misto di tante tecniche, di tante cose viste e anche cambiate a mio piacimento per come potevano tornarmi più utili.

Mileto ha solo vent’anni, dunque ha ancora una lunga carriera davanti, ma ha già le idee ben chiare: Di sogni nel cassetto non ne ho perché quando ero piccolo li chiamavo così, ma quando ho capito, non per fare il figo, di poterci arrivare perché so come e quanto lavoro ho iniziato a chiamarli obiettivi. Il mio obiettivo è giocare tra i professionisti e riuscire ad arrivare il più in alto possibile.